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1991-1992 Il gioco delle carte, il gioco dell'arte - Sala Santa Scolastica, Università di Bari - Giugno 1991- Laboratorio Dadodue Salerno - Gennaio 1992

Organizzazione Mario Lanzione con contributo critico di Vitaliano Corbi
Stampa del 1991 delle edizioni Biemme di Angri (Sa) di una cartella contenente disegni per carte da gioco disegnate da 40 artisti
 
 
TESTO DI VITALIANO CORBI INSERITO NELLA CARTELLA INTITOLATA ''IL GIOCO DELLE CARTE, IL GIOCO DELL'ARTE'' DEL 1991

IL GIOCO DELLE CARTE, IL GIOCO DELL'ARTE

Quaranta artisti giocano a carte. Ne prendono una a caso e la rimettono nel mazzo. Ma solo dopo averla "rifatta", dopo avere cioè ridisegnato e dipinto, ciascuno a suo modo, la carta che gli era toccata in sorte. Poi viene il nostro turno. Il gioco consiste nel riconoscere la carta, percorrendo all'indietro il cammino compiuto dalla fantasia dell'artista. Talvolta il riconoscimento è immediato, poiché dobbiamo attraversare solo una differenza di scrittura o d'intonazione, che ha rispettato l'integrità del modello, ma gli ha donato inedite qualità grafiche o ha scoperto nel colore delicati accordi e intense accensioni timbriche. Altre volte l'artista ha reso addirittura più esplicito il "valore" della carta, ricorrendo a soluzioni di araldica evidenza, concentrando l'attenzione su una cifra e una dominante cromatica sviluppando trasparenti passaggi metaforici, introducendo qualche innovazione che ha il sapore di una garbata battuta di spirito. Ma può accadere che ci voglia un bel po' prima che riusciamo a rimettere insieme quel che rimane dell'identità della carta d'origine. Il nostro gioco diventa allora molto simile a un puzzle di cui si siano perdute molte tessere o a un rebus dove l'equivalenza tra linguaggio verbale e iconico sia diventata estremamente enigmatica. In ogni caso, piccola o grande che sia la distanza tra l'immagine di partenza e quella d'arrivo, è certo che proprio dalla capacità di avvertire lo scarto tra la carta presa dall'artista e quella da lui restituita dipende la possibilità che questo gioco, forse ingenuo, si trasformi nel gioco dell'arte. Tuttavia, il rilievo della qualità artistica del lavoro dei nostri quaranta "cartai" -in maggioranza campani, ma anche di altre regioni d'Italia, quasi a ricordare l'ampiezza territoriale della diffusione del gioco delle carte e le varianti iconografiche di queste, talvolta davvero rilevanti, appunto da regione a regione- non appare certo come un'eccezione nella storia di questo genere di produzione grafica. Non tanto per qualche raro esempio recente di "carte d'artista", quanto per la nobiltà stessa delle origini, incontestabile, mi pare, se al ricordo dei "cartai" di Ulma e di Norimberga, che nel Quattrocento gareggiarono in bravura con i francesi, si aggiunge quello dell'anonimo incisore detto proprio il Maestro delle carte da gioco, anche egli tedesco, ma di così alta statura stilistica che molti storici dell'arte non hanno esitato a identificarlo con il celebre Maestro E.S. e a chiamarlo il van Eyck dell'incisione. Il carattere particolare dell'operazione "Quaranta per gioco" sta, però, nell'aver sostituito una serie assolutamente omogenea dal punto di vista del linguaggio grafico, qual è sempre quella costituita dalle carte da gioco, con una serie discontinua, nella quale ad ogni carta corrisponde una diversa e del tutto autonoma, personalità artistica. Le carte, segni puramente convenzionali dei quaranta "valori" del mazzo, sono diventati così i segni individuali, e perciò non più intercambiabili, dei nostri nuovi "maestri cartai".

 
 
 
 
 
 
 
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